Articolo originale su Libertà OnLine del 02 dicembre 2022.

Un monolite accende di colpo la notte fredda, scaldata dal mormorio di stupore e dall’applauso dei presenti ai suoi piedi, quando le luci lo illuminano inaugurando ufficialmente “Dal buio alla luce”, l’opera di Franco Scepi concepita per celebrare l’operato del Corpo sanitario italiano durante la pandemia di Covid 19 e per accompagnarne la candidatura al Premio Nobel per la Pace, poi sfumato, del dicembre scorso.

Erano le 23 passate di giovedì sera quando il monolite, alto oltre 7 metri e posizionato nello spazio antistante il fronte est del Collegio Alberoni, nell’area sulla quale si affacciano gli edifici rustici dell’istituto di San Lazzaro, è stato svelato alla città. Riavvolgendo però il nastro, la serata, coordinata da Fausto Frontini ha preso le mosse con gli interventi di chi ha promosso la candidatura al Premio Nobel, che si sono succeduti nella Sala degli Arazzi del collegio. Sono intervenuti il presidente dell’Opera Pia Alberoni Giorgio Braghieri e il presidente della Fondazione Gorbaciov Marzio Dallagiovanna, ma anche il vicesindaco Marco Perini, Itala Orlando in rappresentanza della diocesi e Mauro Paladini, docente dell’Università di Milano Bicocca e proponente della candidatura. Giorgio Braghieri ha ricordato come la scelta di collocare l’opera in quel punto, alle porte della città, abbia sollevato “qualche riserva”, motivandone però le ragioni, a partire dal fatto che «al posto del seminario esisteva da secoli un lazzaretto, un lebbrosario» e tracciando un excursus storico fino al Corso di laurea in medicina e chirurgia ospitato temporaneamente negli spazi del collegio.

Ospiti della serata sono stati l’oncoematologo e testimonial della candidatura Luigi Cavanna e Lisa Clark, co-presidente dell’International Peace Bureau, organizzazione umanitaria premiata con il Nobel per la Pace nel 1910, e rappresentante italiana di Ican – Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari, iniziativa che ha ricevuto il Nobel per la Pace 2017. Nell’occasione alla Clark è stato consegnato l’Uomo della Pace di Scepi, ricevuto solo dai grandi artefici della pace.

Franco Scepi e il critico d’arte Marco Eugenio Di Giandomenico hanno spiegato la genesi del monolite colpito simbolicamte da una meteora, che però non riesce ad abbatterlo infondendo speranza nel futuro. Definito dal critico un artista transmediale “perché veicola un messaggio usando medium differenti” e sostenibile “perché la sua arte porta un messaggio sociale”, Franco Scepi racconta la genesi di tutto il suo operare, che ha le radici in Fluxus, atteggiamento artistico che coinvolge diversi media: “L’arte deve sempre rinnovarsi ed essere utile all’uomo. La stessa pace è un’azione, occorre agire perché ci sia”.

Durante la serata il maestro Matteo Bensi ha eseguito al pianoforte l’inno che ha accompaganto la candidatura del Corpo sanitario italiano al premio Nobel ed Edoardo Callegari (Piccolo Museo della Poesia) ha letto alcuni versi.